Il primo documento certo che fa riferimento al borgo di Dolcedo si può far risalire alla concessione del vescovo Adalberto di Albenga del 17 maggio del 1103 in favore dei monaci benedettini della abbazia cistercense di Lerino situata in Provenza.
Tale concessione autorizzava la separazione della chiesa di San Tommaso in Dolcedo dalla casa madre Santa Maria Assunta dei Piani. Si può affermare con certezza che dall’inizio del 1100 il paese era sotto il domino dei marchesi di Clavesana e dopo varie lotte e traversie il borgo passò definitivamente nel 1200 alla Repubblica Oligarchica di Genova con Podestà il genovese Guiffredo di Pirovano.
Nel 1300 il territorio di Dolcedo trasformò quasi completamente le sue varie colture agricole in una monocoltura dell’ulivo, ulivo che era stato introdotto fin dal 1119 dai monaci benedettini Laurinesi. Nel 1300 il paese visse un periodo di grande agiatezza economica grazie alla commercializzazione dell’olio di oliva taggiasca. Tale grado di benessere poteva permettere alla comunità di Dolcedo di disporre di un ospedale capace di ricoverare sino a venti ammalati grazie a un reddito adeguato al bisogno, una scuola elementare con numerosi maestri affiancati da vari cappellani e nel 1400 il comune si dotava addirittura di un orologio pubblico.
Nel 1504 il padre domenicano Agostino da Savona per soccorrere la comunità dalle conseguenze di una terribile siccità fondo il Monte di Pietà. Con i fondi del Monte di Pietà fu costruita la loggia, oggi loggia del comune, sotto la quale si aprirono numerosi negozi di facoltosi mercanti di cui ancora oggi si posso ammirare le unità di misura (due lineari per la notevole produzione di stoffe e due in pietra per i il vino e l’olio).
Il Monte di Pietà fu sempre molto attivo per la comunità sino a concludere la sua secolare attività nel 1863.
Nel 1600 dopo molte rivalità e contese con i commercianti di Porto Maurizio finalmente la comunità di Dolcedo ebbe nel 1613 dalle autorità genovesi l’indipendenza e il riconoscimento a Comune autonomo.
Parti dell’attuale residenza della Casa di Riposo San Giuseppe sembrano risalire addirittura al 1300 secolo in cui ebbe funzione di ospedale e nei secoli subì varie trasformazioni.
Nel 1600 la struttura fu convertita in convento dei frati domenicani di Taggia che la trasformarono in un complesso monastico con chiesa e le celle per i monaci.
La chiesa fu dedica a San Domenico ma non riuscirono mai a terminarla ed oggi risulta sconsacrata e di proprietà del Comune.
Il convento di San Domenico diede assistenza agli abitanti di Dolcedo e della valle durante la peste del 1640.
Dal 1663 l’edificio nei secoli adempì a varie funzioni da convento dei padri Domenicani a carcere a sede di scuola elementare a ospedale e anche ad asilo nido.
All’inizio del 1800, dopo pochi anni dalla sua realizzazione, l’edificio aveva già cambiato destinazione, utilizzando i locali al piano terreno dell’immobile ad uso pubblico e a carcere mandamentale, già attivo dal 1875, mentre il piano primo era già adoperato come ospedale.
Il 13 febbraio del 1887 il terremoto che sconvolse il ponente ligure, interessò anche Dolcedo ma per fortuna non vi furono morti e nemmeno feriti gravi ma subì gravi danni alle strutture tra le quali l’ex convento dei Domenicani. Il governo dell’epoca stanziò per i danni alle strutture dei monaci la generosa cifra di 4500 lire.
Le prime notizie storiche che si possono reperire negli archivi comunali risalgono all’anno 1889 quando il Geom. Giovanni Ascheri, per conto del Comune di Dolcedo, redisse il “Progetto di riattamento dell’Ex Convento San Domenico inserviente ad uso di Ospedale, dai danni del terremoto”.
Nei documenti originali (Perizia, Computo Metrico, Capitolato di Appalto e Disegni) si evidenzia lo stato dei danneggiamenti provocati dal sisma e la necessità di intervenire eseguendo i seguenti lavori: il consolidamento delle murature esistenti, la realizzazione di un pozzo nero, la modifica delle bucature esistenti, la sostituzioni dei volti con nuovi solai in legno, la concatenazione dell’intero fabbricato con due ordini di tiranti in ferro, la demolizione e ricostruzione dei tetti dell’intero fabbricato, la demolizione e ricostruzione dei pavimenti, la costruzione di una scala interna per accedere dal piano primo ai soffitti, la sostituzione e manutenzione dei serramenti, l’intonacatura dei nuovi muri oltre che la riparazione dei vecchi intonaci con la successiva coloritura.
L’intervento sopra descritto risulta certamente la fase di trasformazione più significativa del manufatto, ed è in parte riconoscibile ancora oggi.
Nel secondo dopoguerra l’edificio ricoprì ancora altre funzioni sino a convertirne una parte in centro di ostetricia e una seconda, più estesa, in congregazione di carità ovvero ospizio gestito delle suore.
Attorno agli anni sessanta l’immobile subì una ulteriore trasformazione in quanto venne destinato ad asilo infantile, limitatamente alla parte confinante con l’ex edificio monastico, e a Casa di Riposo per anziani per la parte che si sviluppava nel giardino, la struttura assistenziale è stata poi ampliata con una nuova ala, costruita attorno agli anni settanta con fondi regionali; e successivamente dotata di un ascensore – montalettighe per adeguare l’immobile alle normative vigenti in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.
Nel 2003 la Regione Liguria deliberò la fusione delle IPAB ISAH centro di riabilitazione di Imperia con l’IPAB Casa di Riposo San Guseppe dando vita all’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona ISAH centro di riabilitazione di Imperia e Casa di Riposo San Guseppe.
Nei 2009/10 la struttura ebbe finalmente una radicale ristrutturazione grazie all’ISAH e alla guida della Soprintendenza delle Belle Arti di Genova che pur salvaguardandone le caratteristiche architettoniche e artistiche di valenza storica è riuscita a renderla un centro altamente qualificato per rispondere alle esigenze degli anziani e disabili come Casa di Riposo San Giuseppe RP-RSA e oggi gode di ottime referenze.